Le osservazioni della Federazione dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali della Campania
I cambiamenti climatici influenzano diversi settori, in particolare l’agricoltura. Gli effetti sono negativi per le produzioni. Le variazioni del clima associate all’aumento delle temperatura provocano danni da gelata e da altre avversità estreme, quali venti forti, ondate di calore, grandinate violente. I vertici della Federazione Regionale degli Ordini dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali della Campania spiegano i motivi gli effetti di tali cambiamenti sulle produzioni agricole e le strategie che possono adottare gli imprenditori agricoli per salvaguardare i redditi aziendali.
“Un argomento che negli ultimi tempi ha visto il proliferare di esperti è quello delle cause dei cambiamenti climatici e delle conseguenze per l’uomo e l’ambiente. Nel corso degli ultimi anni i mutamenti più profondi e rapidi del clima sono stati determinati dall'uomo, principalmente tramite la crescente emissione di gas serra in atmosfera”, spiega Ciro Picariello presidente dell’Odaf Campania. “Se non si pone – aggiunge - un rimedio all’aumento delle emissioni di gas serra, potrebbero essere associati, in futuro, altri mutamenti significativi rispetto al passato: un ulteriore riscaldamento della terra e dell’atmosfera, modificazioni della quantità e del tipo delle precipitazioni, aumento del livello del mare e cambiamenti nella frequenza e nella quantità degli eventi climatici estremi (gelate, alluvioni, siccità, cicloni, grandinate, ecc.). Nelle ultime settimane – sottolinea il presidente Picariello - abbiamo assistito in Campania e un po’ in tutta Italia (in particolare Emilia Romagna e Puglia) a gelate tardive, grandinate, venti forti che hanno determinato danni diretti o indiretti alle produzioni agricole”.
I cambiamenti climatici condizionano fortemente l’agricoltura provocando conseguenze dannose per le aziende operanti nel settore.
“Gli eventi atmosferici hanno un forte impatto sulle produzioni agricole e, di conseguenza, sui redditi delle aziende, producendo perdite di produzione ed aumento dei costi”, evidenzia Carmine Maisto vicepresidente dell’Odaf Campania. “Per riuscire a convivere – prosegue - con l’estremizzazione degli eventi climatici le aziende agricole sono sempre più spinte a fare ricorso agli strumenti di difesa attivi e passivi che vi sono a disposizione, per rendere i propri redditi più stabili e meno soggetti a fluttuazioni dipendenti da eventi atmosferici sfavorevoli. L’accresciuta vulnerabilità del sistema produttivo agricolo rispetto ai fenomeni avversi di natura climatica, ha alzato l’attenzione sul tema della gestione del rischio in agricoltura tanto che la sua importanza tra gli strumenti di politica agricola sia nazionale che comunitaria, si è accresciuta sempre più negli ultimi anni. In Italia gli strumenti di difesa passiva hanno una lunga e consolidata tradizione, e attualmente gli agricoltori possono accedere ai contributi pubblici per la sottoscrizione delle polizze assicurative sui raccolti, sugli allevamenti e sulle strutture, principalmente attraverso il fondo di solidarietà nazionale o attraverso la misura 17 del PSR che ha l’impianto normativo di riferimento nell’art. 36 del reg. UE 1305/2013”.
“Nel corso dell’ultimo decennio – evidenzia Maisto - sono cresciuti gli strumenti di gestione del rischio messi a disposizione delle aziende, dall’altro si è assistito ad un incremento costante dei costi assicurativi. Negli ultimi 7 anni il rapporto tra sinistri pagati e premi incassati dalle compagnie assicuratrici ha visto 4 anni negativi, un anno di sostanziale pareggio e soli due anni con qualche margine di profitto. In particolare, poi, si sono avute le annate 2017 e 2019 con eventi meteorologici particolarmente avversi e danni catastrofici su ampie parti del territorio italiano. Il pericolo è che con un eventuale ulteriore amplificazione di fenomeni climatici estremi, il sistema avrà sempre maggiori difficoltà a rimanere in equilibrio alla attuali condizioni di mercato”.
Il vice presidente Maisto propone strumenti per incentivare il ricorso alla difesa passiva anche in aree meno interessate ai cambiamenti climatici.
“Una delle risposte – dice -, a mio parere, può venire dalla lettura dei dati di distribuzione dei capitali e delle aziende assicurate in Italia. Il ricorso agli strumenti assicurativi agevolati, che in ogni caso coprono appena il 19% circa della PLV e solo il 9% della SAU(superficie agricola utilizzata), è sbilanciato in maniera netta verso le regioni del nord Italia ove si concentra oltre l’80% dei capitali assicurati. Inoltre, a fronte dell’incremento tendenziale dei capitali assicurati, si registra una significativa contrazione del numero di aziende interessate. Ciò sta a significare che lo strumento assicurativo è sempre più concentrato nelle aree storicamente più a rischio e vi fanno sempre più ricorso le aziende di dimensioni medio grandi. A mio parere- sottolinea Maisto - è necessario incentivare il ricorso alla difesa passiva anche in aree del territorio storicamente meno interessate ai fenomeni metereologici avversi ma che, con i cambiamenti climatici in atto, risultano sempre più vulnerabili. Vanno, inoltre, maggiormente coinvolte le aziende medio piccole che, soprattutto in alcune regioni del sud, rappresentano gran parte del tessuto produttivo agricolo.
La migliore distribuzione del rischio sul territorio consentirebbe da un lato di ridurre i premi assicurativi e dall’altro di garantire a tutti la possibilità di accedere agli strumenti di stabilizzazione del reddito. Una risposta in tal senso potrebbe venire dall’introduzione da meccanismi incentivanti o anche vincolanti legati al primo pilastro della PAC oltre che favorire un’ulteriore diminuzione della burocrazia e della complessità gestionale nonché dei vincoli legati all’applicazione dei regolamenti UE. Ovviamente la materia è complessa e va analizzata nel dettaglio e non è facile individuare e applicare soluzioni definitive ma la sfida recata dai cambiamenti climatici ci impone attente riflessioni e nuove risposte”, conclude Maisto.