Tu si nat in Italy

Controvento lancia l'appello alla città: "Prima che sia troppo tardi, occorre partecipare, intervenire. A partire dalla cultura"

Controvento, traccia i punti del nuovo percorso che il gruppo intende compiere nei prossimi mesi. Ad un mese dalla scomparsa dell'indimenticato Gennaro Bellizzi, vicepresidente dell'associazione,  è maturata l'idea di dover compiere un salto di qualità della presenza di Controvento in città. " Scenario avvilente, basta che ad Avellino tutto sia lecito. L'Irpinia e la città meritano uno slancio di dignità" Sono alcune delle riflessioni portate avanti da Generoso Picone, ta gli ideatori ed animatori dell'associazione che anche attraverso l'appello, pubblicato nella parte sottostante, evidenzia l'assenza totatle di dibattito, che non può essere rivolta all'attenzione spasmodica dedicata per le Provinciali di cui si parla solo di nomi e non di programmi.


 Appello alla città di “Controvento

” La città di Avellino vive un interminabile momento di crisi che l’ha fatta precipitare in una condizione di grave decadenza. Dopo anni di malgoverno essa non ha una idea di sé, non sa cosa sia e dunque non è in grado di immaginare che cosa voglia o debba essere; pare essersi adagiata in uno stato di precarietà mediocre, sfibrata e inerme, senza nemmeno manifestare un segnale di coscienza della dimensione di marginalità in cui è ridotta. L’associazione “Controvento”, nata per tentare di definire un progetto per Avellino, chiama alla mobilitazione le energie che in questa città hanno intenzione di mutare rotta. Invita a costituire un momento permanente di confronto e di intervento sui temi dei servizi primari alla persona della sanità, della casa, della lotta alle povertà, della tutela dell’ambiente, della riorganizzazione della rete di mobilità, del coordinamento degli spazi per la cultura. Mai come in questo momento è necessario che dal campo della sinistra democratica si alzi una voce che aiuti a farlo. Questo era il pensiero che Gennaro Bellizzi - il nostro amatissimo amico Gennaro, tra i fondatori di “Controvento” e suo vicepresidente - ha cercato in ogni modo e in qualsiasi luogo di trasmettere e diffondere, Anche in suo nome oggi intendiamo riproporlo con l’energia e la passione che il ricordo ci consegna. Vogliamo contribuire, a partire dalla consapevolezza della marginalità in cui è ridotta, a dare alla Città una identità, un ruolo da rivendicare, una ambizione a cui legarsi. Far sì che punti ad essere un fulcro di riferimento, una guida, un punto avanzato da cui intercettare dinamiche di progresso, di crescita, di sviluppo, a vantaggio di tutta la provincia, che riporti a sintesi ed unità le spinte centrifughe da cui è attraversata l’Irpinia acquisendo quella credibilità che ormai nessun centro riconosce ad Avellino e riprendendo, se mai li ha avuti, i connotati di capoluogo. Controvento vuole contribuire a mettere insieme tutte le energie, le intelligenze, le esperienze sociali, culturali, politiche democratiche, per ridare alla Città la capacità di rappresentarsi con un proprio preciso profilo all’interno di un contesto regionale dove oggi non ha più alcuna funzione da consegnare a un nuovo e più avanzato equilibrio tra area interna e fascia costiera. La condizione in cui versa Avellino è l’epilogo di una vicenda che ha preso le mosse negli anni alle spalle, è maturata nel lungo periodo in cui una pratica politica di assistenzialismo e clientelismo ha avvilito ieri come oggi, qui forse più che altrove, le energie che pure si manifestavano e tuttora si manifestano attraverso ansie, progetti, speranze, sogni. Il risultato è che gran parte delle forze che avrebbero dovuto rappresentare lo stadio avanzato del cambiamento si sono acconciate a una subalternità eterna ai domini dei vari patronati. Quando questi hanno irrimediabilmente perso la loro quota di potere, i brandelli scomposti di una comunità sbandata e avvelenata dal rancore di chi non ottiene più ciò che mai avrebbe dovuto ottenere sono andati alla ricerca di nuove corti cui assoggettarsi per poter così perpetuare il patto della protezione continua e della servitù volontaria. Chi oggi governa la città non è la causa, bensì l’effetto di tutto ciò. Chi oggi l’amministra nelle forme sguaiate e paradossali di un populismo infantile si colloca nell’ultima sequenza di un processo da tempo avviato. La classe dirigente che è toccata ad Avellino è l’espressione clamorosa e imbarazzate di una involuzione che nella banalizzazione nasconde la strumentalità, nella superficialità copre la convenienza, nella disinvoltura a buon mercato maschera la sua assoluta inadeguatezza. Essa è composta dai mostri partoriti dal sonno della ragione. Le forze politiche che hanno governato Avellino hanno alimentato l’atteggiamento di acquiescenza della società civile al dominio del clientelismo e della protezione, trovandone beneficio finché è stato possibile. Il loro unico obiettivo è stato di conquistare quote di potere in una partita che si è rinchiusa sempre di più in un ambito autoreferenziale: hanno agito come se fosse in svolgimento una infinita verifica delle loro consistenze elettorali in modo da tale da soddisfare propositi che niente avevano a che vedere con il destino della città. Si sono attorcigliate su se stesse, perdendo ogni contatto con la realtà, i bisogni, le urgenze e le prospettive di Avellino sancendo il trionfo del buio che è riuscito a calare anche su quelle esperienze amministrative che pur con fatica e difficoltà si proponevano di squarciarlo. Nelle maglie larghe di questa rete è stato agevole per il malaffare e per le organizzazioni criminali, introdursi e assumere purtroppo una posizione dominante: nel tessuto sfilacciato della tranquilla città di provincia, autodichiaratasi oasi felice, la camorra si è insediata e ha irrobustito i suoi traffici illeciti. Nessuno oggi può ancora sorprendersi quando la cronaca consegna storie che si declinavano sotto gli occhi di tutti ma che in pochi segnalavano come gravi spie di allarme sociale. Nessuno oggi può sottovalutare tali presenze e questi pericoli. Nel disinteresse verso le condizioni di vita reali della popolazione si è potuto realizzare l’antinomia del capoluogo disteso in una delle valli più verdi eppure il più inquinato della Regione. Durante l’emergenza pandemica, come capita ogni volta che si verifica un trauma, Avellino – come l’Irpinia, il Sud, l’Italia – ha messo in evidenza le sue fragilità, le sue debolezze, i suoi limiti strutturali nei servizi essenziali e, cosa non meno grave, l’incapacità della sua classe politica. Essa avrebbe dovuto far tesoro di questa lezione e fare del piano di ripresa, il Recovery Fund, lo strumento per ripensare il futuro, per riorganizzare dal profondo la Città, per attrezzarla ad affrontare le nuove obbligate sfide. Al contrario, non ha risposto se non per avanzare propositi al ribasso, incredibilmente simili a quelli che hanno determinato la catastrofe del dopo terremoto. La nostra associazione, “Controvento”, ha invece promosso una riflessione durata alcuni mesi incontrando da subito il concorso delle associazioni “App” e “Sardine d’Irpinia” e dopo, insieme a loro, nonostante le difficoltà dovute al lockdown, quello di decine di cittadini, professionisti, intellettuali, dirigenti delle più diverse esperienze professionali e politiche. Questa riflessione ha prodotto un documento “Irpinia Next Generation” - “Bisogna progettare il futuro, bisogna farlo adesso” che rappresenta, purtroppo, l’unico serio tentativo di risposta del nostro territorio alla ferita del Covid e alla opportunità offerta dalle risorse del Recovery Fund. Il documento rappresenta anche in maniera paradigmatica ciò che vogliamo essere, il modo in cui lo vogliamo fare e le risposte che ci attendiamo. Vogliamo, senza alcun intento egemonico, essere di stimolo ad una riflessione sulle sorti della nostra Città, offrire un “luogo” democratico, di riappropriazione del protagonismo da parte dei cittadini dove si possa, senza preclusioni e pregiudizi di esperienze e provenienze politiche, discutere del presente e del futuro di Avellino rifuggendo delle mere narrazioni e contrapposizioni di personaggi oggi al centro del dibattito e delle cronache giornalistiche. Vogliamo allargare l’orizzonte, rompere il cordone asfittico tutto chiuso nei confini amministrativi della Città dentro il quale si colloca il pensiero politico dominante, coinvolgere esperienze amministrative di altre città della provincia; ciò che accade all’area industriale della concia, al nodo alta capacità ferroviaria, all’asse attrezzato Valle Caudina – Pianodardine – solo per fare degli esempi – incide in egual modo sul futuro di Avellino Capoluogo di provincia rispetto alla dinamica di questo o quel quartiere urbano. Vogliamo che Avellino finalmente diventi un centro di produzione culturale e di formazione intellettuale che accanto alla qualità dell’offerta si ponga l’obiettivo di inserirsi nei circuiti nazionali, utilizzando con un progetto organico le strutture che pure esistono – Teatro “Carlo Gesualdo”, Casina del Principe, ex Eliseo, Villa Amendola, Palazzina “Victor Hugo” – e proponendo collegamenti e collaborazioni tra i poli già presenti – Cnr Scienze dell’Alimentazione e corso di laurea in Enologia e Viticultura della Facoltà di Agraria presso l’Università “Federico II” di Napoli - in modo da realizzare un polo di istruzione, studi e ricerca nel campo agroalimentare. La risposta di partecipazione quantitativa e qualitativa da parte dei cittadini alla redazione del documento dimostra che questo bacino democratico esiste, attende un appello ed una occasione per rivelarsi pienamente. La risposta della rappresentanza politica cui pure ci siamo sentiti in dovere di rappresentare le proposte contenute nel documento è stata di finto garbato interesse e immediata amnesia con ciò dimostrando perché la città dell’oggi così come da essi è rappresentata non è in grado di immaginare seriamente la città del domani. Ma il quadro che si ha sotto gli occhi non può essere soltanto osservato con legittima mortificazione Siamo tutti chiamati a supplire alla assoluta assenza da parte delle forze politiche, purtroppo oramai macchine autoreferenziali, il più delle volte eterodirette, vittime esse stesse delle faide interne e delle lotte per il potere che gli impediscono di trovare momenti di proposta e iniziativa. Né migliore apporto viene dalla maggior parte della deputazione regionale ansiosa di rappresentare sul territorio i voleri di chi comanda in Regione piuttosto che rappresentare presso di essa i bisogni dei suoi stessi elettori Prima che sia troppo tardi, occorre partecipare, organizzare, intervenire.