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Operazione Pellet contaminato con azione cangerogena per un giro d'affari di 2 milioni di Euro

Nella mattinata odierna una vasta operazione di polizia giudiziaria, coordinata dalla Procura della Repubblica di Benevento, è stata portata a termine dai militari del Gruppo Carabinieri Forestale di Avellino.

L’operazione che ha visto impegnati - nella sola provincia irpina - oltre 60 Carabinieri forestali è scaturita dalla esecuzione di un decreto, adottato dalla Procura della Repubblica di Benevento, avente ad oggetto diverse perquisizioni domiciliari e a sedi societarie costituenti una intera rete commerciale ramificata sul territorio nazionale, per i reati di cui agli artt. 81 cpv, 110, 441, 515, 517 c.p. e 256 D. Lvo 152/2006.  

In Campania sono state interessate tutte le province, per un totale di 18 sedi perquisite dai NIPAAF (Nuclei investigativi di polizia agro-ambientale e forestale) dei Gruppi CC Forestali territorialmente competenti. Altre perquisizioni hanno riguardato sedi societarie in provincia di Brescia, Bari, Campobasso, Vibo Valentia, Catanzaro e Cosenza, anch’esse eseguite dai Reparti Carabinieri Forestale operanti nelle rispettive province.

Sono state sottoposte a sequestro confezioni - in buste da 15 kg - di pellet contaminato e pericoloso per la salute pubblica, per un quantitativo complessivo di prodotto in corso di esatta quantificazione ma non inferiore, allo stato, a 20 tonnellate .

Due, finora, sono le persone indagate a piede libero, che dovranno rispondere, e potranno nel prosieguo dimostrare la loro estraneità ai fatti, di illecita gestione (commercio ed intermediazione) di rifiuti pericolosi, adulterazione di sostanze pericolose, frode in commercio e vendita di prodotti industriali con segni mendaci.

Sono i risultati di una laboriosa indagine, durata diversi mesi, coordinata dalla Procura della Repubblica di Benevento, che ha avuto inizio con il rinvenimento, a seguito di un controllo mirato dei Carabinieri della Stazione forestale di Summonte  in un esercizio commerciale di Atripalda, gestito da soggetti di nazionalità cinese, di buste di pellet che mostravano delle anomalie sia in quanto al contenuto, sia all’etichettatura.

Dalle indagini successive è risultato che il pellet proveniva da una azienda di Flumeri, con sede legale a Mirabella Eclano, costituente lo snodo principale di distribuzione per i rivenditori del centro-sud.

Dalle analisi chimiche sono emerse tracce di vernici e gesso, presenza di sostanze pericolose come fluoro e formaldeide, valori di cloro, zolfo e ceneri molto superiori ai valori limite, nonché elevata presenza di piombo. Ciò a testimoniare che il pellet non era stato ottenuto da pura massa legnosa, bensì da legni già usati e trattati per la realizzazione di prodotti (es. infissi, mobilio) arrivati a fine vita e pertanto classificabili come rifiuti di legno contenenti sostanze pericolose, che andavano destinati allo smaltimento in appositi impianti e non al riscaldamento domestico, con grave rischio sia ambientale che sanitario, specie in caso di uso prolungato.

In particolare la formaldeide è stata indicata dallo IARC (Agenzia Internazionale sulla Ricerca del Cancro) tra i composti del gruppo I (cancerogeni certi). Essendo un agente con probabile azione cancerogena è stato raccomandato un livello di concentrazione il più basso possibile. L’OMS ha fissato un valore guida pari a 0,1 mg/m3 (media su 30 minuti).

 

La merce contaminata proviene dall’estero attraverso una società esportatrice di nazionalità egiziana ed arriva in Italia tramite un’altra società egiziana di trasporto in container via mare, con terminal al porto di Salerno.

Le buste di pellet pericolose poste in commercio e destinate agli impianti civili di ignari consumatori sulla scorta di certificazioni di qualità inesistenti, vengono poste in commercio ingannevolmente come prodotti di alta qualità, mentre si tratta di rifiuti pericolosi.

Il giro di affari complessivo di tali traffici ammonta a circa due milioni di euro.

Gli investigatori da tempo avevano concentrato attenzione su questa tipologia di merci per l’impatto sull’inquinamento atmosferico legato anche ai prodotti della combustione negli impianti civili. Tale impatto troverebbe conferme in questi periodi prolungati di traffico veicolare ridotto in cui la concentrazione di polveri sottili rimane comunque significativa, come accade quando, a differenza di quanto è indicato nelle confezioni, viene bruciato pellet di scarsa qualità o, come in questo caso, pericoloso per la salute.