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Paternopoli - Alla Cantina Fiorentino,''Margarita, Flavia e le altre. Storie di donne e di territorio''
Sabato 18 luglio alle ore 18.00 in Contrada Barbassano a Paternopoli nello spazio all’aperto antistante la
Cantina Fiorentino un gruppo di “irpine” è pronto a condividere l’intreccio di storie personali e professionali,
per tessere un mosaico inedito e singolare del territorio che trae spunto dal legame fra lettura, cultura e vino
e, che ne caratterizza una cifra di elevato spessore.
Partendo dai libri della giornalista e scrittrice - di origini irpine - Angela Iantosca, si aggiungeranno le voci
della chef di Melito Irpino Anita Di Pietro (Antica Trattoria Di Pietro) e di Paternopoli Valentina Martone
(Ristorante Megaron), fino alla docente universitaria Angela Cresta: sarà così possibile immergersi nel
racconto del territorio attraverso la voce di chi ogni giorno è impegnato a costruire valore e valori, e ad
aggiungere tasselli a visioni e aspirazioni. La degustazione dei vini prodotti dalla Cantina Fiorentino
accompagnerà la narrazione, in una cornice naturale di cantina vitivinicola come luogo di produzione e di
relazione anche culturale. Il tutto, traendo anche spunto dalle storie delle donne a cui si sono ispirati due dei
vini prodotti dalla Cantina, il Margarita aglianico e il Flavia Rosato.
Angela Iantosca, giornalista e scrittrice di origini irpine, ha collaborato con diverse testate cartacee e rubriche
televisive. Dal 2017 è direttore della rivista Acqua&Sapone. Già inviata de “La vita in Diretta” e de “L’Aria Che
Tira”, ha pubblicato “Onora la Madre. Storie di ’ndrangheta al femminile” (Rubbettino 2013); “Bambini a
metà. I figli della ’ndrangheta (Perrone 2015); “La Vittoria che nessuno sa. Storia di una donna nata nel corpo
sbagliato” (Sperling&Kupfer 2017); “Voce del verbo corrompere” (Margherita Bulgarini 2017); “Una sottile
linea bianca. Dalle piazze di spaccio alla comunità di San Patrignano (Perrone 2018); “In Trincea per Amore”
(Paoline 2020). Finalista del Piersanti Mattarella 2016, è stata vincitrice del premio speciale Memoria nel
Cuore Onlus; ma fra le altre cose è anche Ambasciatrice del Telefono Rosa dal 2015, e a luglio 2020 ha
ricevuto il Premio Isola Solidale per il Sociale. A seguire, sarà la chef stellata della rinomata “Trattoria Di
Pietro” di Melito Irpino, Anita Di Pietro, a raccontare la sua storia di partenze e ritorni e del suo progetto in
Irpinia, insieme ad un’altra chef celebrata dalla Guida del Gambero Rosso Valentina Martone, volto e anima
del ristorante “Megaron”. Infine, sarà Angela Cresta, anche lei paternese, docente di Geografia economica e
politica, ed Economia e politica del territorio dell’Università del Sannio, responsabile scientifica di Irpinia
Mood e attivista nella progettazione e sviluppo locale, a tracciare le coordinate di una visione futura, magari
a declinazione femminile. Modera Elisa Forte, giornalista e scrittrice.
La Cantina Fiorentino. Nate nel 2012, le cantine Fiorentino di Paternopoli incarnano il mito dell’eterno
ritorno e condensano una storia di partenze, grandi sacrifici e attaccamento alla terra, oltre che al valore
primario della famiglia. Dal vino “fatto in casa” prodotto dalla signora Margarita, oggi è il figlio Gianni
Fiorentino a guidare l’azienda per trasformare il sogno in realtà. L’azienda vanta cinque ettari di vigneti e
produce solo vino rosso dell'Aglianico. E’ stato piantato anche un nuovo vigneto di “Coda di Volpe” per avere
un vino bianco (lo stesso vino bianco prodotto un tempo da sua madre Margarita), sempre da vitigni
autoctoni. La Cantina Fiorentino produce tre vini rossi e un Rosé (tutti da uve Aglianico): Taurasi Docg - il "re"
dei vini del Sud Italia, il Celsì Doc e un Rosé, quindi il vino bianco "Coda di Volpe".
“Il mio desiderio è quello di fare un vino che racconta la mia storia, quella della famiglia, della mia terra”
spiega Gianni Fiorentino titolare dell’azienda. “Il mio sogno è portare un vino fatto con amore e passione in
Italia e nel mondo. Vorrei proporre un vino gentile ed elegante che rispetti le annate e le radici, il territorio,
ma che sia anche qualche cosa di più e di diverso, un vino aperto e bevibile. Credo nella tecnica, nella
conoscenza e nell'innovazione e, nel mio piccolo, cerco di essere innovativo nelle mie scelte. Per me,
l'innovazione è il modo migliore per preservare radici e tradizione” conclude.