Vertenze
Novolegno - La protesta dei sindacati sui silenzi del gruppo Fantoni
Irpinia, in una terra dove la disoccupazione cresce sempre più e dove gli effetti del
coronavirus rischiano di essere devastanti sotto il profilo economico, la Novolegno
spa, una storica fabbrica chiude i battenti e lascia per strada 117 famiglie. Il gruppo
Fantoni è stato irremovibile, confermando la scelta presa nel febbraio del 2019,
quando decise di smobilitare da Montefredane (Av), dalla frazione di Arcella che,
quaranta anni fa, aveva accolto la holding friulana con un mega capannone
industriale, mettendo anche in conto le conseguenze di tipo ambientale.
Fantoni non ha mai ascoltato le esigenze dell’Irpinia in questi lunghi e difficili mesi.
A nulla sono serviti i sit in, i consigli comunali straordinari e ogni altro tipo di azione
con il coinvolgimento pure della Pastorale diocesana per il lavoro di Avellino.
La proprietà Fantoni, nonostante ne avesse la facoltà, ha rifiutato di accedere alla
Cassa Integrazione Straordinaria legata all’emergenza del Covid-19, motivando la
scelta del diniego a “ingenti costi a carico datoriale”. 18 settimane di ammortizzatori
sociali extra che avrebbero consentito ai lavoratori di respirare in questo momento
drammatico e che avrebbero consentito all’azienda di trovare soluzioni alternative per
salvare, almeno in parte, la produzione del polo. È chiaro che il gruppo friulano non
abbia alcun interesse nel salvaguardare il lavoro dei dipendenti irpini che per 40 anni,
grazie alla loro dedizione, hanno permesso al gruppo Fantoni di guadagnare grandi
profitti grazie ad un’attività che ha contribuito al mantenimento di una produttività
globale ai massimi livelli in Europa. Il gruppo quindi ha deciso di non voler applicare
la procedura per ulteriori ammortizzatori sociali in seguito al Covid-19. Con la
scadenza dei dodici mesi di cassa integrazione, ormai ogni rapporto tra le maestranze
e la Novolegno, è cessato.
L’ultimo sit-in, nel pieno rispetto delle norme di distanziamento, dinanzi l’opificio e
nei pressi della tenda delle resistenza allestita sin dall’inizio della “battaglia”, si è tenuta il giorno prima dei licenziamenti. Tra le preoccupazioni maggiori, l’allarme
sociale che la perdita di lavoro per 117 famiglie potrebbe generare. L’amaro in bocca
è grande, anche perché, almeno prima che scoppiasse la pandemia, sembrava ci
fossero le condizioni per avviare, anche a livello ministeriale, un discorso su un polo
di riciclo del legno a Montefredane.
Già la procedura di licenziamento è in corso di impugnazione, quindi la lotta di sicuro
si sposterà nelle aule del tribunale oltre che ad altre iniziative e appena ci saranno le
condizioni i lavoratori vorranno andare ad Osoppo.
Fantoni ha voluto spezzare le gambe a tutto il territorio, non solo ai lavoratori della
Novolegno. Nemmeno proposte di trasferimento ai lavoratori su altri stabilimenti,
nessuna comprensione e nessuna parola.
Non si è voluto dare tempo ed ulteriore possibilità ai lavoratori, ai sindacati, alle
istituzioni locali e alla politica, al territorio con ulteriori 18 settimane di cig per
emergenza covid 19 le quali servivano per costruire una alternativa alla attività
produttiva con o senza i FANTONI, visto che per tramite la REGIONE CAMPANIA
si portava avanti un tavolo aperto al MISE con il ministero del LAVORO ed
INVITALIA, che con un accordo di programma e l’idea del polo del riciclo ad
economia circolare che potesse far si che l’industria fosse ancora presente con la
salvaguardia dei livelli occupazionali. Forse non si sarebbe avuto ora un capannone
di oltre 60 mila mq abbandonato che non fa gola a nessuno.
Sul piazzale della Novolegno rimane una tenda a presidio di tutti lavoratori
estromessi dal vergognoso silenzio del Gruppo Fantoni.
Feneal Uil FilcaCisl Fillea Cgil
Carmine Piemonte Giovanni Lo Russo Antonio Di Capua