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Aumenta il divario Nord-Sud: non più solo il lavoro, a preoccupare sono anche i livelli d'istruzione

Il report dell'Istat sulle "Misure di benessere equo e sostenibile dei territori", i cui dati si riferiscono al 2016, ha messo in evidenza un nuovo elemento di divario tra Nord e Sud. Non più solo reddito medio, aspettative di vita e occupazione, ma da ora si aggiunge anche il livello di istruzione.
I numeri relativi a questo dato parlano chiaro: c'è il 9% in meno di laureati nel Mezzogiorno rispetto al Nord (che è rimasto invariato rispetto all'analisi precedente) e il 12% in meno di diplomati. Un numero che dal 2004 è aumentato di 4 punti percentuali. Ciò significa che sempre più giovani non riescono a completare il ciclo di studi superiori, andando ad intaccare la consistenza culturale del ritardo del Sud.
Nonostante alcuni cambiamenti avvenuti nel nostro Paese, le differenze territoriali si amplificano: il reddito dei milanesi continua in media ad essere 2,5 volte superiore a quello dei calabresi di Vibo Valentia, l'aspettativa di vita al Sud è di un anno in meno rispetto alla media nazionale che si attesta intorno agli 82,8 anni. Inoltre i giovani che non cercano lavoro e non studiano, i cosiddetti neet, sono concentrati soprattutto nel Mezzogiorno.
Ma come già detto prima, a preoccupare maggiormente è proprio il dato sull'istruzione scolastica. Qualche settimana fa la Fondazione Agnelli aveva annunciato un calo del 20% degli iscritti agli istituti scolastici di ogni ordine e grado, un calo che nei prossimi anni si registrerà in tutta Italia e sarà pari ad un milione di studenti; ma ciò che sconforta è che questo declino non riguarderà nessuna altro Paese europeo se non l'Italia.
Anche se la dispersione scolastica è scesa dal 20,8% del 2008 al 13,8% di dieci anni dopo, il divario tra Nord e Sud resta ed è più marcato in Sicilia, Campania e Sardegna dove il fenomeno della dispersione scolastica è maggiore della media nazionale.
Generalmente tra i 3 e i 18 anni sono almeno un milione i ragazzi che vivono in condizione di povertà assoluta, ma al Sud la propensione all'abbandono scolastico è quasi doppia rispetto al Nord-Est nella scuola media, sfiora il 7% nel primo anno delle superiori e arriva al 7,6% nelle scuole paritarie contro il 4,1% di quelle statali.
Un fenomeno che colpisce soprattutto i maschi e coloro che vivono nelle periferie delle maggiori città del Mezzogiorno. In particolare le scuola interessate dalla dispersione scolastica sono gli istituti professionali che risultano in testa rispetto a quelli tecnici e ai licei.
Secondo gli esperti, se si colmasse la dispersione scolastica, il Pil nazionale aumenterebbe tra l'1,4% e il 6,8%, ovvero tra 21 e 106 miliardi di euro a secondo dei livelli di crescita del Paese.
A preoccupare, oltre ai livelli di istruzione, è un fenomeno chiamato "effetto regionale" e che va ad interessare diversi settori della vita delle regioni italiane, in particolare quelle del Mezzogiorno. Un effetto detto anche "variabile dummy" ossia fantoccio, che porta al delinearsi di una situazione preoccupante: se sei del Sud ti spettano meno servizi sociali senza una motivazione plausibile se non per il fatto di vivere in un territorio piuttosto che un altro, ossia al Sud.
Si tratta di una discriminazione territoriale usata per calcolare i fabbisogni standard comunali dei servizi sociali. Questo tipo di formula viene usata per calcolare il fabbisogno di servizi sociali ma che non ha a che fare con i veri bisogni sociali. Data la sua natura arbitraria, questa variabile, era stata sterilizzata, ma nel 2017 e 2018 è stata applicata in via sperimentale e ora bisogna decidere come comportarsi nel 2019.
Di base, partendo dal principio che tutti gli italiani sono uguali, si parte da una certa somma a testa per servizi comunali di carattere sociale, ossia aiuti ai disabili, agli anziani, minori soli, tossicodipendenze, problemi di salute mentale, povertà, ecc. A questo punto, tuttavia, si applica la variabile dummy degli effetti regionali: ossia si considera che un Comune, per il solo fatto di trovarsi in Campania o Calabria, insomma in una regione del Sud, ossia in territori le cui regioni offrono pochi servizi, deve dare anch'esso meno servizi. E così, per esempio, si tolgono dal fabbisogno 18 euro al Sud e li si spostano al Nord.
Una volta misurati i fabbisogni arrivano le risorse; tali fondi tuttavia al Sud non vengono nemmeno spesi tutti per i servizi sociali, visto che rispetto ad un fabbisogno riconosciuto di 45, dai municipi è erogato in media appena 32. Ma l'assenza del Lep. cioè dei livelli di servizio da garantire, impedisce allo Stato di punire i sindaci inadempienti perché manca il punto di riferimento per definire un amministratore incapace e sostituirlo ai sensi dell'articolo  della Costituzione. Cresce insomma il gap Nord - Sud e si può sempre più tranquillamente parlare di un'Italia a due se non a tre velocità con il Sud sempre più in affanno.